La gestione dell’emergenza covid-19.
Il caso dell’Azienda unità sanitaria locale di Modena


Gabriele Romani1, Francesca Dal Mas2,3, Mirko Modenese4, Helena Biancuzzi5, Maria Francesca Manca6,7, Maria Ferrara8,9, Lorenzo Cobianchi10,11, Rossella Lucà12

1Direzione medica Presidio ospedaliero, Azienda unità sanitaria locale di Modena, Italia; 2Lincoln international business school, University of Lincoln, Regno Unito; 3Dipartimento di diritto ed economia delle aziende produttive, Sapienza Università di Roma, Italia; 4Humco srl, AI cognitive integrator & data analysis, Venezia, Italia; 5Ipazia, International observatory on gender research, Roma, Italia; 6Agence régionale de Santé Bourgogne-Franche-Comté, Dijon, Francia; 7Université de Bourgogne, Dijon, Francia; 8Department of psychiatry, Yale University, School of Medicine, New Haven (CT), Stati Uniti; 9Program for specialized treatment early in psychosis (Step), Connecticut mental health center, New Haven (CT), Stati Uniti; 10Dipartimento di scienze clinico-chirurgiche, diagnostiche e pediatriche, Università degli Studi di Pavia, Italia; 11Dipartimento di Scienze chirurgiche, Fondazione Irccs Policlinico San Matteo, Pavia, Italia; 12Institute of biochemistry and cell biology, National research council (Cnr), Roma, Italia


Riassunto. Introduzione. La pandemia covid-19, emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, ha imposto agli enti sanitari di prendere delle decisioni in tempi brevi, e di riallocare le risorse in modo adeguato. Gli interventi non farmaceutici, quali ad esempio il confinamento, sono stati accompagnati da sostanziali riorganizzazioni dei servizi, delle aree fisiche e dei processi, al fine di garantire assistenza a un crescente numero di pazienti covid.

Materiali e metodi. L’articolo utilizza una metodologia basata su un caso di studio relativo all’Azienda unità sanitaria locale (Ausl) di Modena. Molteplici fonti informative sono state utilizzate al fine di raccogliere, triangolare e verificare i dati.

Risultati. La riorganizzazione portata avanti dall’Ausl di Modena ha riguardato diversi aspetti, dall’uso della tecnologia per il monitoraggio di tutte le informazioni sulla covid-19, alla comunicazione con i pazienti e all’incremento dei posti letto in terapia intensiva; dalla riprogrammazione delle mansioni del personale ospedaliero alla collaborazione con soggetti terzi (imprese private, associazioni senza scopo di lucro, volontari) per l’approvvigionamento dei dispositivi di protezione e il supporto ai cittadini in quarantena.

Discussione. L’esperienza dell’Ausl di Modena sottolinea l’importanza di dotarsi di modelli organizzativi flessibili e resilienti, caratterizzati dal coinvolgimento e dalla collaborazione di numerosi portatori d’interesse; la rilevanza della formazione continua e delle competenze trasversali del personale; la necessità del supporto tecnologico. Le lezioni apprese potranno essere utili per la futura riorganizzazione del sistema sanitario.


Parole chiave. Covid-19, Ausl di Modena, terapia intensiva.



Abstract. Introduction. The covid-19 pandemic, a public health emergency of international relevance, has forced health authorities to perform quick decision-making, and to reallocate resources appropriately. Non-pharmaceutical interventions, such as measures for the containment of the spread of the infection, have been accompanied by a massive reorganization of services, areas, and processes to guarantee assistance to a growing number of covid patients.

Materials and methods. The article uses a case-study methodology related to the Local health authority of Modena, Italy. Multiple sources were used to collect, triangulate, and verify data.

Results. The reorganization carried out by the Local Health Authority of Modena involved various aspects, from the use of technology to monitor all covid information to the communication with patients and to the increase in Icu beds; from the reorganization of the duties of the staff to the collaboration with third parties (private companies, non-profit associations, volunteers) to supply protective devices and support quarantined citizens.

Discussion. The experience of the Local health authority of Modena highlights the importance of adopting flexible and resilient organizational models characterized by the involvement and collaboration of various stakeholders, the importance of continuous training, and the soft skills of the staff, with a significant support from technology. The lessons learned may be useful for the future reorganization of the healthcare system.


Key words. Covid-19, intensive care, Local health authority of Modena.


Introduzione e obiettivi dello studio

Un’emergenza di sanità pubblica viene definita dal National disaster medical system statunitense come “la necessità di servizi medico-sanitari in risposta a un disastro, alla diffusione di una malattia infettiva, a un attacco di bioterroristi e ad altri eventi significativi o catastrofici”. Esempi di emergenze di sanità pubblica di rilevanza internazionale sono la comparsa e diffusione dell’influenza H1N1, la malattia da virus Ebola in Congo, la sindrome respiratoria acuta grave (Sars) nella penisola arabica e la febbre emorragica di Marburg in Angola, nonché dissenteria diffusa, colera, morbillo, encefalite B e altre malattie a seguito di gravi catastrofi (He e Liu, 2015).

Il 31 dicembre 2019, la Commissione sanitaria municipale di Wuhan (Cina) ha segnalato all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) un focolaio di casi di polmonite a eziologia ignota nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. Il 30 gennaio 2020, l’Oms ha dichiarato l’epidemia di Coronavirus (di seguito covid-19) in Cina come emergenza internazionale di salute pubblica. L’11 marzo 2020, data la sua diffusione intercontinentale e non più confinata ad alcune zone geografiche, covid-19 è stata definita dal direttore generale dell’Oms una pandemia mondiale (Who, 2020a).

I sintomi più comuni della malattia covid-19 sono lievi e comprendono febbre, stanchezza e tosse secca. Alcuni soggetti contraggono l’infezione ma non sviluppano alcun sintomo. Mentre l’80% dei soggetti infetti si riprende dalla malattia senza bisogno di un trattamento speciale, secondo l’Oms in circa un soggetto su sei l’infezione può causare polmonite bilaterale e un progressivo quadro clinico caratterizzato da sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza multiorgano e infine decesso (Who, 2020b). Le persone anziane e con patologie fisiche pregresse (ad esempio, ipertensione arteriosa, cardiopatia, diabete, immunodepressione) hanno maggiori probabilità di sviluppare forme gravi della malattia. Sempre secondo i dati aggregati dell’Oms (Who, 2020b), il 5% del totale degli infetti necessita di ricovero in un ambiente ospedaliero e di Unità di terapia intensiva (Uti). L’Italia è uno dei paesi più colpiti al mondo per numero di morti da covid-19. Attualmente (fine giugno 2020) l’Italia presenta più di 239.000 casi confermati, oltre 186.000 guarigioni e 34.600 decessi, attestandosi come il quarto paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, il Brasile e il Regno Unito, per persone decedute a causa di covid-19.

Un’emergenza di sanità pubblica come quella della covid-19 impone alle strutture sanitarie di prendere delle decisioni in tempi brevi e di allocare le risorse in modo adeguato (Arora et al, 2010; Cobianchi et al, 2020). Mentre scriviamo, non esistono ancora vaccini o trattamenti farmacologici approvati per covid-19 (Kupferschmidt e Cohen, 2020). Isolamento sociale, chiusura di esercizi pubblici, di scuole e di servizi non essenziali, limitazione degli spostamenti dalla propria dimora se non per comprovate esigenze sono risultate come l’unica soluzione per limitare la diffusione della malattia. L’obiettivo di salute pubblica è quindi duplice: da un lato, la protezione dal rischio infettivo dei soggetti più vulnerabili; dall’altro, la preservazione dei posti letto in terapia intensiva per poter garantire un accesso equo alle risorse.

Dall’inizio della pandemia, il Sistema sanitario nazionale (Ssn) italiano è stato sottoposto a forti pressioni al fine di garantire l’assistenza a un numero in rapida crescita di pazienti affetti da covid-19. Una delle prime sfide è stata quella di aumentare il numero di posti letto in terapia intensiva, creando unità quando non disponibili e convertendo unità esistenti, destinate ad altre attività assistenziali non essenziali. Per assicurarsi risorse sufficienti per affrontare l’emergenza, gli ospedali hanno dovuto interrompere i servizi ospedalieri e ambulatoriali non essenziali. Di conseguenza, le attività chirurgiche elettive programmate sono state sospese (Cobianchi et al, 2020; Peloso et al, 2020; Tseng et al, 2020) e l’accesso alle strutture sanitarie è stato regolamentato per ridurre al minimo il flusso di lavoro negli ospedali. Inoltre, il personale sanitario di solito impegnato in attività di alta specializzazione è stato impiegato nei reparti con maggiore richiesta, e medici in pensione sono stati richiamati in servizio. È stato quindi necessario mettere in atto una rapida riorganizzazione dei servizi, delle aree fisiche e dei processi (Grasselli et al, 2020), cercando di garantire la migliore qualità e sicurezza per i pazienti e per il personale sanitario.

L’obiettivo del presente lavoro è di analizzare le risposte in ambito organizzativo dell’Ausl di Modena in Emilia-Romagna, una delle regioni maggiormente colpite dall’emergenza.

Materiali e metodi

L’articolo utilizza una metodologia basata su un caso di studio relativo all’Ausl di Modena. La presente ricerca è stata condotta da un team multidisciplinare in collaborazione con l’Azienda sanitaria modenese. Il team di ricerca è composto da personale medico e di chirurgia generale direttamente coinvolto nella gestione dell’emergenza, a Modena e presso Irccs in altre regioni, da biologi, epidemiologi, ricercatori in ambito di salute mentale, management, salute pubblica e coproduzione sanitaria. La raccolta dei dati è avvenuta da diverse fonti sul campo, seguita da una revisione da parte del gruppo di lavoro per garantirne la validità e affidabilità (Yin, 2014; Massaro et al, 2019).

Da un punto di vista epidemiologico l’analisi richiede un’attenta valutazione dei modelli di previsione e la relativa stima dei parametri costituenti, al fine di definire gli scenari che si prospettano condizionatamente alle misure di contenimento adottate sino alla data del presente scritto. Il continuo aggiornamento dei dati relativi all’epidemia in corso e il comportamento fisiopatologico del virus ancora in fase di studio rendono poco significativi i classici approcci di stima delle variabili dei modelli (least squares, optimization algorithms, likelihood fitting, modelling the noise). La più alta aleatorietà e soggettività di stima si evidenzia nell’indice di valutazione della bontà delle azioni di contenimento (r). Si ricorre quindi al confronto dei modelli su scenari estremi: presenza o assenza di misure restrittive.

Risultati

La Regione Emilia-Romagna (Rer) è stata la terza regione più colpita in Italia dopo la Lombardia e il Piemonte, la seconda nei mesi più critici dell’emergenza, sia come casi infetti totali che come numero di decessi per covid-19. Come in tutto il territorio nazionale, è stato necessario mettere in atto una completa riorganizzazione di risorse e processi. La sorveglianza epidemiologica è stata affidata all’Istituto superiore di sanità (Iss) con l’incarico di gestire una piattaforma dati e raccogliere campioni biologici delle persone sottoposte a indagine epidemiologica.

Tra le peculiarità adottate dalla Rer, è stato deciso di affidarsi alla tecnologia per raccogliere, monitorare e analizzare i dati (Presch et al, 2020). Nella provincia di Modena, nel mese di marzo 2020, è stato implementato un cruscotto con l’intento di raccogliere tutte le informazioni e i dati provinciali dei pazienti colpiti da covid-19. Le informazioni che si è deciso di monitorare sono il numero di posti letto disponibili in terapia intensiva, i risultati dei tamponi per covid-19, il numero di pazienti ricoverati in ospedale e il numero di dimessi. I dati sono stati raccolti per tutti gli ospedali della Provincia, via web, in modo automatizzato, con un aggiornamento ogni tre ore.

L’Agenzia sanitaria di Modena è stata in grado di passare da 44 a 105 posti letto in terapia intensiva, riorganizzando gli altri reparti o le aree dedicate ad altre funzioni.

In particolare, tutti i servizi chirurgici e ambulatoriali programmati e non urgenti, come le donazioni di sangue, i vaccini e gli esami clinici, sono stati cancellati. Durante le prime due settimane del mese di marzo sono stati inviati più di 29.000 Sms per l’annullamento degli appuntamenti. Sono stati sfruttati ulteriori strumenti di traduzione di conoscenza – Knowledge translation (Kt) (Graham et al, 2006; Biancuzzi et al, 2020a), come messaggi sui social media e comunicati sulla stampa locale.

È stata sfruttata la telemedicina (Wang et al, 2020) al fine di monitorare i pazienti vulnerabili, come quelli con gravi malattie mentali (Starace e Ferrara, 2020), pazienti oncologici e donne in gravidanza.

L’accesso alle strutture ospedaliere è stato ed è tuttora concesso unicamente a chi ha una comprovata emergenza sanitaria, e solo con mascherina chirurgica e a seguito di una corretta igiene delle mani. Alcuni manifesti e poster, apposti in maniera ben visibile a tutti, evidenziano i comportamenti da seguire ai fini preventivi. Risulta tuttora limitata la possibilità, da parte di familiari e amici dei pazienti ricoverati, di fare loro visita e prestare loro assistenza. Nessuno, oltre al personale specializzato e ai pazienti ricoverati in ospedale, può accedere alla terapia intensiva e ai reparti dedicati alla cura di covid-19. Restrizioni sono state estese anche ad altri reparti, come per esempio quelli di pediatria e ostetricia.

Il personale sanitario ha ricevuto una formazione specifica dedicata al corretto utilizzo dei Dispositivi di protezione individuale (Dpi) durante l’emergenza. Le procedure esistenti, come il corretto lavaggio delle mani, lo smaltimento dei rifiuti e l’uso di prodotti disinfettanti, sono state sottoposte a rigorosi controlli, al fine di garantirne il giusto uso.

Le riserve di magazzino disponibili di Dpi e di altri dispositivi (come i macchinari per ventilazione meccanica) sono state ampliate in modo consistente, alla luce della crescente richiesta. In questo senso, l’impegno è stato su più fronti: contatto con i fornitori abituali, coinvolgimento di nuovi fornitori, donazioni da parte di imprese locali, di organizzazioni di volontari, di aziende tessili che hanno riconvertito la propria produzione, dedicandosi, interamente o in parte, a quella di Dpi.

Ogni ospedale della regione ha definito percorsi e procedure specifiche per spostare i pazienti affetti da covid-19. All’esterno degli edifici interessati alla cura della malattia infettiva, sono state create aree temporanee adibite a filtro, al fine di separare i pazienti infetti o sospetti da pazienti con altre emergenze (ad esempio, lesioni gravi, ictus, infarti). L’obiettivo è di evitare qualsiasi accesso inappropriato in Pronto soccorso, promuovendo, ove possibile, le dimissioni ospedaliere. Le persone positive al tampone, ma con sintomatologie lievi, vengono solitamente rimandate a casa con la cura farmacologica di supporto e la richiesta di autoquarantena.

Le associazioni senza scopo di lucro e i volontari sono stati coinvolti nell’assistenza dei pazienti in quarantena, degli anziani e delle persone con disabilità, e partecipano alla distribuzione di cibo e farmaci a domicilio. L’assistenza sanitaria al domicilio è stata garantita dalle Unità speciali di continuità assistenziale (Usca) e dal Servizio infermieristico di assistenza domiciliare (Sadi)1. In ottemperanza all’art. 8 del d.l. 9 marzo 2020 n. 14 (Gu n. 62 del 9 marzo 2020) e al documento per l’applicazione omogenea del d.l. 9 marzo 2020 della Commissione salute, approvato in data 16 marzo 2020, per provvedere al coordinamento delle azioni con la medicina territoriale, sono istituite presso le Aziende Usl del Sistema sanitario regionale (Ssr) le Usca, volte a implementare la gestione dell’emergenza sanitaria per l’epidemia da covid-19 al fine di consentire al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale di garantire l’attività assistenziale ordinaria. Le Usca sono nate per garantire l’assistenza dei pazienti affetti da covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. La tabella 1 illustra un estratto delle sopracitate linee guida.




Nei mesi di massima diffusione dell’epidemia, ai fini di prevenzione e protezione dei familiari e conviventi, diversi operatori sanitari coinvolti nella crisi hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni, trovando un alloggio alternativo. A seguito di un accordo tra l’Agenzia sanitaria e alcuni imprenditori in ambito turistico, gli alberghi locali hanno ospitato i professionisti sanitari senza spese per l’interessato.

Numerosi medici e infermieri appartenenti ai reparti di cardiologia, ostetricia, ginecologia, chirurgia e neurologia sono stati spostati, a tempo pieno o part-time, nei reparti ospedalieri dedicati alle malattie respiratorie e infettive, in medicina e terapia intensiva. I professionisti in capo alle unità di cure palliative sono stati invece incaricati di comunicare con le famiglie dei ricoverati e di supportare i colleghi nella gestione dei malati terminali in terapia intensiva.

Il servizio di trasporto in ambulanza è stato rafforzato, garantendo trasferimenti dei pazienti rapidi e sicuri tra le varie unità (come le unità ad alta e bassa intensità e viceversa) o tra i vari ospedali territoriali.

Durante l’epidemia è stata inoltre attivata una linea telefonica dedicata per offrire sostegno psicologico agli operatori sanitari sottoposti a numerosi fattori di rischio di sofferenza individuale (quarantena forzata, aumento del carico di lavoro, paura del contagio, contatto costante con la morte e la sofferenza, incognite rispetto al futuro).

Per una diffusione capillare di raccomandazioni, procedure, servizi di emergenza, domande e risposte alla popolazione, sono stati utilizzati i social media ed è stata creata sul sito web dell’Agenzia sanitaria una pagina dedicata alla covid-19. Infine, sono stati istituiti un servizio telefonico gratuito di assistenza dedicato ai cittadini, e uno dedicato agli operatori sanitari territoriali per aiutarli nel processo di triage dei casi sospetti o diagnosticati.

Macro obiettivi, obiettivi, e strategie adottati vengono riassunti nella tabella 2.




Nella figura 1 viene riportata la simulazione del modello Seir in assenza di azioni di contenimento (r = 1), che riporta la stima del picco nella provincia di Modena alla data del 4 aprile 2020 (40° giorno dalle prime rilevazioni di positivi) con una diffusione del virus al 15,4% della popolazione (108.221 abitanti infetti). Si riportano di seguito i parametri utilizzati nel modello Seir:




• totale popolazione (n.) = 705.393

• casi iniziali = 3

• data primi casi = 25 febbraio 2020

γ = 0,31 (basato sui dati della provincia)

a = 0,2 (periodo medio di incubazione)

r = 1 (effetto dell’intervento)

• R0 = 3,9 (stimato con funzione che minimizza l’errore tra la curva teorica e la curva osservata, rientra altresì nella stima dei dati provenienti dalla Cina) (Joseph T Wu, 2020)

b = 1,21 (γ * R0) (probabilità che un soggetto passi da suscettibile a esposto e, quindi, a infetto).


Nella figura 2 vengono riportati i tassi di crescita dei positivi, rilevati nel lasso temporale dal 24 febbraio al 6 aprile 2020: in confronto allo scenario riportato nel modello Seir della figura 1, si rileva come le procedure sanitarie adottate abbiano sortito una sensibile azione di flesso negativo al tasso di crescita del contagio.




4. Discussione

Gli aspetti organizzativi si sono rivelati fondamentali per sostenere la gestione dell’emergenza covid-19, volti a perseguire la migliore qualità e sicurezza possibile sia per i pazienti che per gli operatori sanitari. L’emergenza ha portato inevitabilmente all’applicazione di un approccio di apprendimento sul campo. Le buone pratiche (best practices and lessons learned) sono state rapidamente condivise con altri istituti, anche a livello internazionale, attraverso pubblicazioni disponibili in rete con processo di revisione veloce e prioritario.

Al momento della stesura di questo elaborato, l’emergenza sembra essere in parte sotto controllo (Ministero della salute, 2020), grazie alla progressiva efficacia degli interventi non farmaceutici come l’isolamento sociale, la chiusura di scuole e università, e la sospensione dei servizi non essenziali.

L’esperienza di Modena porta a fare delle doverose riflessioni.

Il sistema sanitario appare ora come un sistema sempre più aperto e interconnesso, che percepisce la necessaria collaborazione e interazione di molteplici parti interessate. Nell’esperienza emiliana, dirigenti ospedalieri, personale sanitario, pazienti, imprenditori, associazioni di volontari hanno dovuto lavorare insieme per tenere la crisi sotto controllo. La collaborazione attiva tra i diversi attori deve essere stimolata, supportata e facilitata attraverso nuovi strumenti e metodologie. La capacità di tradurre la conoscenza gioca un ruolo centrale nell’intero processo. Solo se la conoscenza viene effettivamente tradotta, il suo trasferimento e la sua corretta condivisione sono possibili; flessibilità e resilienza appaiono come caratteristiche fondamentali del sistema.

La coproduzione e la partecipazione attiva dei pazienti vengono riconosciute sempre più come un pilastro dell’ecosistema sanitario moderno (Batalden et al, 2016; Biancuzzi et al, 2020b). I pazienti e i cittadini devono seguire le raccomandazioni fornite dalle autorità sanitarie e dal personale clinico; tuttavia, anche la loro volontà e il loro sacrificio collettivo svolgono un ruolo essenziale. Il contributo dei cittadini è centrale, in quanto il sistema sanitario può funzionare correttamente solo se tutti collaborano.

Diverse competenze devono integrarsi. Sebbene la pandemia di covid-19 appaia come una questione epidemiologica, in realtà molte scienze e discipline si sovrappongono nella sua gestione: virologia, medicina, psicologia, gestione manageriale, contabilità, ingegneria informatica, data science, comunicazione e pubbliche relazioni sono solo alcune delle possibili discipline coinvolte.

Le competenze tecniche o hard skills contano, ma allo stesso modo sono essenziali le competenze trasversali o soft skills (Massaro et al, 2014; Cobianchi et al, 2020). Tutte le persone coinvolte devono e dovranno fare affidamento sulle proprie competenze trasversali (Yule e Smink, 2020), come la leadership, l’abilità a gestire il cambiamento e a lavorare in squadra, la resilienza (intesa come capacità di resistere agli urti), la comunicazione e l’attitudine all’uso degli strumenti informatici e tecnologici.

Nonostante il livello di istruzione e le qualifiche raggiunte, la formazione deve essere parte costante dell’attività lavorativa di tutti. L’apprendimento continuo, in aula o sul campo, è una condizione essenziale, tanto più in situazioni di emergenza, e può essere integrato da piattaforme di e-learning e strumenti di didattica a distanza (Garcia Vazquez et al, 2020).

La tecnologia può rappresentare un valido aiuto, soprattutto nel sistema sanitario moderno (Bagnoli et al, 2019; Dal Mas et al, 2020a). Anche il sistema sanitario deve fare sempre più affidamento sull’analisi dei big data. L’emergenza ha generato un’enorme quantità di dati che, se ben gestiti, potrebbero portare a soluzioni pratiche (Dal Mas et al, 2020b; Lan et al, 2020), anche con l’ausilio di strumenti di intelligenza artificiale (machine/deep learning), non solo nella gestione della fase acuta, ma anche della successiva fase post-covid-19. Tecnologie e soluzioni basate su Internet, come i social media, rappresentano inoltre efficaci strumenti per comunicare con i cittadini, i pazienti e le loro famiglie.

Condividere è doveroso. Le soluzioni individuate in termini di best practices e le lessons learned vanno condivise, per consentire ad altre organizzazioni e istituzioni di applicare rapidamente soluzioni che funzionano e per evitare errori già commessi.

A causa della sospensione dei servizi di degenza e ambulatoriali, le esigenze mediche della maggior parte dei pazienti non affetti da covid-19, come sopra emerso, sono state disattese (Peloso et al, 2020), portando l’intero sistema sanitario a privilegiare necessariamente la salute pubblica e collettiva rispetto alle necessità del singolo paziente (Angelos, 2020; Cobianchi et al, 2020; Eng et al, 2020). Alcune patologie possono peggiorare progressivamente (ad esempio, malattie oncologiche non trattate), altre possono non essere state diagnosticate in tempo a causa del ritardo nell’esecuzione degli esami necessari (quali gli screening preventivi, le analisi di laboratorio, radiologia etc.), portando a una peggiore prognosi o a un percorso di cura più impegnativo. Inoltre, il panico diffuso a causa del virus ha indotto numerosi soggetti affetti da malattie gravi o da urgenze a rinviare le richieste di assistenza. Ad esempio, uno degli autori (Lorenzo Cobianchi), nella sua attività di chirurgia generale, ha constatato il decesso di alcuni pazienti a causa di peritonite acuta, conseguente ad appendicite, non trattata. Nonostante il forte dolore fisico, i soggetti interessati hanno ritardato l’intervento per evitare di recarsi in ospedale, temendo di poter contrarre la covid-19.

La maggior parte degli operatori sanitari coinvolti nell’emergenza ha dovuto lavorare diversi mesi con ritmi serrati, eseguendo mansioni diverse da quelle per le quali erano formati o istruiti, spesso lontani dai propri cari e dalle proprie abitazioni. Inoltre, molti di loro hanno dovuto assistere non solo fisicamente, ma anche psicologicamente, pazienti che si trovavano o si trovano in condizione terminale, in forzata assenza dei loro familiari (Wakam et al, 2020).

La pandemia post-covid-19 porterà inevitabilmente a una nuova progettazione dell’intero sistema sanitario, che riteniamo dovrebbe considerare le lezioni apprese. Emergenze come la covid-19 potrebbero ripetersi in futuro, e il sistema sanitario non può farsi trovare impreparato. L’appello è per standard di qualità e sicurezza elevati, in modo da garantire il benessere di tutte le persone coinvolte, siano esse pazienti o personale sanitario.

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Conflitto di interessi Nessuno


Autore per la corrispondenza

Helena Biancuzzi, helena.biancuzziuniud@outlook.it


Ricevuto 4 giugno 2020; accettato 6 luglio 2020