Health Technology Assessment: un ‘ponte’ sospeso nel vuoto?

Luciana Ballini

Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale, Regione Emilia-Romagna

L’Health Technology Assessment (HTA) si pone l’obiettivo di “fornire ai responsabili di politiche sanitarie e scelte assistenziali informazioni affidabili e scientificamente difendibili sugli effetti delle tecnologie sanitarie”. Questa funzione, fermamente basata sulla ricerca e influenzata dalla metodologia della medicina basata sulle evidenze, è sviluppata tramite un’attività multidisciplinare. Di una tecnologia sanitaria vengono valutate le caratteristiche tecniche, la sicurezza, la fattibilità, l’efficacia clinica, la costo-efficacia, le implicazioni e le ricadute organizzative, sociali, legali e etiche. A seconda della collocazione istituzionale di questa attività, il prodotto finale consiste in informazioni utili alle decisioni – oppure in raccomandazioni più o meno vincolanti – sullo sviluppo, l’adozione, la diffusione e l’utilizzo di nuove tecnologie sanitarie.
In virtù di questi contenuti l’HTA è di frequente definito come ‘ponte’ tra ambito tecnico-scientifico e ambito politico-decisionale. Questa metafora, già piuttosto inflazionata, rischia di diventare retorica se non si riescono a definire meglio le basi di appoggio su ciascuna sponda: sono sempre meglio definiti e affinati i contenuti e la metodologia per lo sviluppo dei rapporti di HTA, ma rimangono imprecisi e sfuggenti i due punti di partenza e di arrivo. La base di partenza, vale a dire la rilevanza dei temi trattati e delle tecnologie valutate, necessita di processi di prioritarizzazione, mentre la base di arrivo – la collocazione dei prodotti HTA nel processo decisionale – necessita di processi di implementazione. Da entrambi dipende l’utilizzo, e quindi a conti fatti l’utilità, dell’attività di HTA ed entrambi sono trattati, anche se separatamente, nel volume 26, numero 3 dell’ International Journal of Technology Assess­ment in Health Care.
Il priority setting è collettivamente riconosciuto come processo altamente imperfetto alla ricerca di trasparenza, validità interna e trasversalità. Dal momento che le restrizioni economiche interessano anche le risorse necessarie all’HTA, alcuni ricercatori della CADTH (Canadian Agency for Drugs and Technologies in Health) propongono un ‘pacchetto’ di criteri, individualmente pesati, per la prioritarizzazione delle tecnologie sanitarie da sottoporre a valutazione formale (Intl J Technol Assess Health Care 2010; 26: 341-347). La revisione sistematica dei criteri di prioritarizzazione utilizzati da 11 agenzie di HTA ha prodotto 59 singoli criteri, raggruppabili in undici categorie. Al termine di un processo di consenso sull’assegnazione di un valore ai diversi criteri, a cui hanno partecipato due commissioni distinte, sono emersi 6 criteri differentemente pesati per l’assegnazione delle priorità. I sei criteri sono il disease burden (o peso della malattia), il potenziale impatto clinico della tecnologia, le alternative disponibili, il potenziale impatto finanziario, il potenziale impatto economico e la disponibilità di evidenze scientifiche.
Questi criteri, che – ricordiamo – servono a decidere su quali tecnologie avviare un processo di valutazione e non su quali tecnologie investire, sono altamente condivisibili e, essendo frutto di una revisione sistematica, non appaiono particolarmente nuovi. Tuttavia sembrano avere tralasciato gli aspetti sociali, etici e legali, che pure sono parte integrante delle valutazioni HTA. Non è facile trovare in letteratura criteri di prioritarizzazione basati su questi elementi e il dibattito su questi temi non si presta ad essere analizzato attraverso una revisione sistematica. In un rapporto, commissionato dal partito conservatore britannico e pubblicato lo scorso ottobre dalla 2020health.org, un gruppo di lavoro tenta una sistematizzazione di queste considerazioni e propone una matrice per analizzare i rischi etici e morali, legali e sociali legati alle tecnologie emergenti, prendendo come casi-studio tecnologie appartenenti alla sfera della nanotecnologia, la biotecnologia, le tecnologie impiantabili e i farmaci che agiscono sulle funzioni cerebrali (http://www.2020health.org).
La matrice che gli autori propongono è abbastanza complessa e ricca di domande, non sempre mutuamente esclusive, ma i due quesiti ritenuti più importanti e discriminanti sono:
1. la tecnologia minaccia di cambiare o mettere in discussione la natura essenziale dell’essere umano?
2. la tecnologia minaccia di spingere le persone al di là dei normali limiti dell’essere umano?

La distinzione fondamentale che viene proposta è tra le nuove tecnologie per la cura e prevenzione delle malattie e le nuove tecnologie per l’accrescimento delle normali capacità umane. Queste ultime offrono la possibilità di correggere la disabilità, ma pongono il rischio di incrementare la diseguaglianza e minacciare l’equità. Il pericolo, sostengono gli autori, è di investire nel far stare gli individui “più che bene”, piuttosto che nel curarli o mantenerli sani.
Anche se integrati da criteri di carattere etico e sociale, i criteri di prioritarizzazione basati solamente sulle potenzialità di impatto della tecnologia sulla salute, sull’economia di sistema e sulla società potrebbero non essere sufficienti, come i due articoli che trattano il problema dell’implementazione e utilizzo dei rapporti di HTA fanno pensare.
Uno studio qualitativo si pone l’obiettivo di indagare le opinioni e l’esperienza di utilizzo nella pratica delle linee di indirizzo del NICE di clinici, pazienti e figure manageriali del sistema sanitario inglese (Intl J Technol Assess Health Care 2010; 26: 317-322). A parte il risultato poco confortante che documenta quanto i pazienti siano ancora ignari dell’attività del NICE, lo spunto più interessante che questo studio offre è l’utilizzo strumentale, e quasi per niente scientifico, che gli intervistati fanno di questi documenti. Pur esprimendo un giudizio sufficientemente positivo sulla qualità delle linee di indirizzo del NICE, in quanto basate sulle evidenze e sviluppate con metodologia esplicita, l’esperienza nella pratica rivela che vengono utilizzate più dalle figure manageriali che dai clinici e che sono di pochissimo aiuto ai pazienti. Le raccomandazioni contenute nei documenti non forniscono indicazioni per la loro implementazione, che spesso richiede risorse aggiuntive, e le figure manageriali le trovano utili principalmente a sollevarli dal peso della decisione quando sono chiamati a valutare le richieste dei clinici che competono per le risorse. I clinici, d’altra parte, ammettono di utilizzarle per giustificare ai pazienti il diniego ai trattamenti richiesti. In altre parole questi documenti finiscono per essere utilizzati come mezzo per esercitare il potere di un gruppo sull’altro e gli unici che sembrano non guadagnare in questo senso sono i pazienti. L’attraversamento della ricerca verso le decisioni assistenziali non sembra avvenire tramite questo ponte.
Nel secondo articolo, che rendiconta i risultati di un policy forum organizzato dalla HTAi nel 2009 (Intl J Technol Assess Health Care 2010; 26: 309-316), viene ricordato che le iniziative di implementazione necessarie ad ottimizzare l’utilizzo dei rapporti di HTA sono l’adeguato finanziamento delle tecnologie, il coinvolgimento degli utilizzatori e la robusta base scientifica delle raccomandazioni. Lo spunto più interessante viene dal suggerimento che l’impatto degli HTA possa essere migliorato ed incrementato se questi vengono legati ad altre forme di valutazione della qualità dell’assistenza. L’invito è a sviluppare e istituire forme di monitoraggio delle tecnologie sanitarie dal momento della loro introduzione nel sistema sanitario. In realtà la funzione del monitoraggio post-adozione ha sempre fatto parte, teoricamente, del processo di HTA ed è inclusa in tutti i diagrammi che lo rappresentano insieme alla revisione sistematica della letteratura e le analisi economiche. In pratica non viene quasi mai effettuata o, comunque, non si è ancora sviluppata come attività sistematica in grado di produrre dati e conoscenza comuni. L’attività di monitoraggio, anche attraverso dati osservazionali, può dare un importante contributo all’HTA fornendo informazioni su metodi di utilizzo, sulla selezione dei pazienti, sul contesto, sulla formazione e i dati possono essere raccolti da database istituzionali in maniera routinaria o in maniera specifica e mirata. Perché i risultati siano robusti e fruibili occorre però essere consapevoli delle difficoltà metodologiche legate alla valutazione e interpretazione di questi dati e affrontarle, preferibilmente attraverso collaborazioni tra diversi centri utilizzatori. L’attività di monitoraggio pone diversi problemi, dalla partecipazione consapevole dei pazienti alla possibilità di conciliare il tempo dei professionisti dedicato all’assistenza con quello dedicato alla ricerca. Inoltre qualsiasi attività di monitoraggio costa ed è essenziale che sia focalizzata sul numero minimo di informazioni necessarie, strutturata su una finalità ben definita e in grado di fornire risultati in tempi brevi. Alcune agenzie di HTA hanno iniziato a richiedere dati osservazionali sull’utilizzo ‘reale’ di una tecnologia oppure dati sperimentali che contribuiscano a completare il profilo di efficacia della tecnologia. Una parte del programma di finanziamento della comparative effectiveness research americano è dedicato a questa attività, anche attraverso l’istituzione di registri. Con la crescente pressione a considerare tecnologie emergenti, con un profilo di efficacia ancora da dimostrare, i dati sull’utilizzo in un contesto routinario e su un reale mix di pazienti possono contribuire a definire l’utilizzo ottimale delle tecnologie. È necessario però che ci si imponga di fare ciò attraverso protocolli prospettici di monitoraggio, finalizzati a rispondere a quesiti specifici, in un breve arco di tempo e prevedendo fin dall’inizio come verranno utilizzati i risultati. Questo potrebbe essere un modo efficace di rendere l’attività di HTA rilevante per gli utilizzatori finali, attraverso un processo iterativo che prevede lo sviluppo da parte delle agenzie di HTA di indicazioni per la valutazione e il monitoraggio e, da parte degli utilizzatori, la raccolta di dati e il ritorno di informazioni.
Periodicamente i ricercatori dell’HTA pubblicano studi sull’impatto che questo tipo di ricerca ha sulle decisioni di politica sanitaria e i risultati sono spesso poco soddisfacenti. Le motivazioni più frequentemente argomentate sono la mancata tempestività di questi prodotti rispetto alle esigenze decisionali, la limitata familiarità dei decisori con il linguaggio e la metodologia utilizzata, la limitata rilevanza dei temi trattati, la sfiducia reciproca e le tensioni relative a ruoli e responsabilità. Le soluzioni proposte enfatizzano la necessità di sviluppare partnership tra ricercatori e decisori per assicurare scelta di temi rilevanti, tempistiche adeguate e mutua comprensione e riconoscimento dei rispettivi metodi e discipline. I quesiti di politica sanitaria infatti spesso non sono traslabili in quesiti di ricerca sperimentale in grado di dimostrare che una scelta per una modalità di soddisfazione del fabbisogno sia, rispetto ad un’altra, più efficace, più efficiente e più coerente con le scelte già effettuate e sostenute dal sistema sanitario di riferimento. Servono i risultati di indagini conoscitive e descrittive effettuate dagli stessi utilizzatori. Se si vuole evitare che l’HTA sia usato per “dire di sì o di no” a convenienza, occorre cogliere i diversi determinanti delle decisioni di politica sanitaria (le possibili soluzioni ai problemi di salute, come meglio inserire queste soluzioni in sistemi complessi e le modalità per ottenere i cambiamenti o i risultati desiderati) e occorre sviluppare metodi e strumenti robusti per analizzare questi determinanti. In questa ottica l’impatto modesto dell’HTA sulle decisioni appare attribuibile alla parzialità di informazioni che questi rapporti forniscono più che all’incapacità dei decisori di tenerne conto.
La questione ancora da risolvere quindi non è tanto come rendere le informazioni scientifiche accessibili ai decisori, ma come rendere scientifiche e affidabili le diverse tipologie di informazioni di cui i decisori necessitano.
Gli articoli sopra citati forniscono alcuni spunti, anche se tra i criteri di prioritarizzazione andrebbero forse inseriti gli aspetti di ‘implementabilità’ delle conclusioni o raccomandazioni dei documenti HTA, perché un rapporto di HTA che non verrà utilizzato difficilmente può essere considerato prioritario.